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Juan D'Arienzo e la sua musica nel Tango

Juan D’Arienzo e la sua musica nel Tango

Nel 1936 il compositore di Tango Juan D’Arienzo (direttore d’orchestra e violinista), inizia alla tarda età di trentacinquenne il suo lungo percorso di popolarità, anche se il tango lo aveva iniziato a studiare sin da bambino.

D’Arienzo inizia ad ottenere maggiormente fama quando Pablo Osvaldo Valle lo porta presso la nuova emittente radiofonica Mundo.

Il Tango come però già spiegato, ha fatto da sempre parte della sua vita, tant’è che la sua prima esibizione a teatro nel 1919, da lì in avanti si esibisce di continuo in questi piccoli teatri con altri grandi musicisti come Ángel D’Agostino al pianoforte, Ennio Bolognini ed Ernesto Bianchi.

Lo stesso Juan D’Arienzo ricorda con molto piacere un altro suo primo successo dello stesso anno: “El cabaret Montmartre” di  Alberto Novión, avutosi presso il Teatro Nacional, con sempre al suo fianco il pianista D’Agostino e lui al violino.
Opera che li fece incontrare con un altra orchestra tipica di Tango e due ballerini di Tango Canyengue allora famosissimi: la Portuguesa e El Mocho.

Da quella prima in avanti, l’artista continua a rimanere profondamente legato allo stile ed all’ambiente teatrale, accompagnando nuovamente artisti come D’Agostino, cantanti come Evita Franco, per poi sempre con D’Agostino (al piano) formare una vera e propria orchestra con E.Bianchi (bandoneon), A.Aieta (bandoneon) e J.Puglisi (contrabbasso), Mazzeo (secondo violino).

Dopo la formazione di questa band ecco che si arriva al 1936, anno d’esordio nel panorama popolare di D’Arenzo, momento in cui all’orchestra del violinista si unisce anche Rodolfo Biagi al posto di D’Agostino.

Questa segna un ritorno consapevole e massiccio alla musica dal ritmo veloce e allegro del tango primordiale.

Nel 38’ anche Biagi abbandona l’orchestra di D’Arenzo, che si era occupato in toto, durante questi anni, di donare al Tango dell’epoca un rinnovamento giovanile e ritmico mai sentito prima di allora.

Ed è proprio grazie ad artisti come D’Arenzo che il Tango subisce quel mutamento di importanza e di impronta studiata maggiormente sui testi e sui contenuti, per giungere maggiormente ad essere rappresentato dall’arrangiamento musicale: musica in primo piano.

Così facendo il Tango ritorna ad essere una musica per di più ballabile che da ascolto, scivolando come un tempo ancora una volta sui piedi dei danzatori nelle milonghe, richiamando e destando interesse, inoltre, su un pubblico molto più giovane.

D’Arienzo da “Re del Compás” diviene il re del ballo, riuscendo nel suo intento al cento per cento, accumulando inoltre fama e denaro grazie al suo stile.

Purtroppo questo suo stile irruento di un ritorno al passato applicato ad una musica che occorre esclusivamente a divertire, non piace a tutti i musicisti di tango dell’epoca, tanti che alcuni di essi arrivano persino a disprezzare l’arte di D’Arienzo considerandolo pressoché un demagogo.

Tutto questo è abbastanza contestabile dal punto di vista sociale, perché il popolo amava la musica di Juan D’Arienzo non per le promesse che avrebbe mantenuto politicamente, ma per la nuova estetica musicale che donò al Tango nuova linfa vitale.